domenica 28 luglio 2013

LA RCA ITALIANA PRESENTA: (luglio 1962)


RCA VICTOR - LP-SPEC-2
 


L’estate segna, per il settore discografico, un momento di sosta, un cambiamento radicale per quanto si riferisce alla produzione. Ed è anche il periodo per fare un bilancio e preparare le campagne per la stagione più propizia: quella invernale.
L’estate, con le sue vacanze, è il periodo in cui impazzano i juke boxes ed è proprio durante questa stagione che la maggior parte delle case editrici raccoglie i frutti del lavoro svolto nell’inverno specie mediante le trasmissioni televisive. Il gioco è, in definitiva, fatto: si tratta, al più, di aiutare la pallina con qualche piccolo leggerissimo tocco. Anche i cantanti, d’altronde, sono presi dai molteplici impegni che li portano da un capo all’altro non solo della penisola ma del mondo.
È un momento di ripensamento: e mai come quest’anno i “cervelli” delle più importanti case discografiche italiane si riuniranno per cercare di tamponare la crisi che ormai da qualche anno affligge il mercato della musica incisa. Naturalmente la crisi può presentare aspetti diversi secondo le diverse angolazioni da cui la si riguarda: ma è un dato incontestabile che molto spesso piccole case con un apparato commerciale ed artistico esiguo riescono ad ottenere fatturati di gran lunga superiori a quelli di poderose e solide società per azioni. Il nostro discorso si riferisce a quella specie di diavoletto che è la musica leggera: solo una casa con un ampio catalogo-base di musica classica riesce sempre (almeno per ora) a cavarsela: la verità è un'altra. Oggi non è più pensabile un successo in una sola direzione. Le case concorrenti sono diventate sì gran numero che nessuna può più sperare di detenere il monopolio, come accadeva dieci anni or sono. Crisi, sì. Ma non in assoluto. Il volume degli affari, nel suo totale, non ha subito gravi decurtazioni: solo che gli utili si debbono ripartire fra più gruppi discografici.
La crisi del disco, sempre rimanendo nel campo della musica leggera, deriva –secondo noi- anche da un altro fatto: la invasione delle radio portatili. Ne esistono, oggi, di minuscole che possono portarsi anche in tasca e che suonano ininterrottamente da mattina a sera ed in massima parte proprio canzonette.
Esisterebbe, lo sappiamo tutti, un altro repertorio: quello della musica classica, della musica seria comprendente il jazz, il folclore e la musica “dotta” tradizionale. A questo punto non si tratta più di un problema privato che possa riguardare la singola società discografica. Il problema diventa un problema della nostra società, delle sue strutture culturalmente arretrate, del suo filisteismo. Si adduce spesso l’effetto controproducente della televisione e della motorizzazione né vogliamo proprio noi negare che questi tipi di svago hanno allontanato dal piacere dell’ascolto di un buon disco moltissime persone. Ma a ciò occorre aggiungere la mancanza di una cultura musicale non ad alto livello, bensì elementare. Questa situazione induce sempre più le case discografiche a puntare su esecutori illustri e di prestigio e su composizioni che non possono riservare sorprese.
Perciò il catalogo microsolco italiano è già vecchio e, praticamente, senza possibilità di sviluppo. Un recente episodio, infine, ha dimostrato la confusione e la poca serietà che affliggono la vita del disco in Italia: un gruppo di giornalisti autonominatosi “Associazione Nazionale dei critici discografici” ha assegnato gli “Oscar del disco” per il 1962. L’arbitrarietà di questa autoinvestitura è stata talmente smaccata che due fra le più importanti società discografiche, “La voce del padrone” (che raggruppa anche le etichette Columbia, Pathé, Capitol e Liberty) e la RCA Victor non hanno aderito all’invito di mandare opere per il relativo esame.
D’altra parte una recente indagine condotta in Francia fra i dirigenti delle più importanti case discografiche di quel paese ha ampiamente chiarito come la assegnazione di un premio non influisca per nulla nel settore delle vendite. Non è con questi palliativi che si può uscire dall’impasse. Occorre una nuova politica, ma non solo da parte dei discografici.

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Antonino Buratti
(Il Contemporaneo, giugno ’62)

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Side a)

 

Side b)


Giuseppe Ornato
 
direttore generale della RCA Italiana, ha 35 anni ed è piemontese.   Terminati gli studi; nel febbraio 1950 entrò a far parte della organizzazione commerciale Olivetti a Torino, venne quindi trasferito a Milano e poi a Roma.    Nell'aprile del 1956 assunse la direzione amministrativa della RCA Italiana.
Nell' agosto del 1959 accumunò a tale carica anche la direzione commerciale.     La nomina a direttore della Società gli fu conferita nell'ottobre 1960.

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